Che si tratti di una casa editrice, di un’agenzia letteraria o di un servizio di consulenza editoriale, tutto ha inizio con l’invio del manoscritto/dattiloscritto/più-probabilmente-videoscritto e la conseguente scheda di valutazione.
Ora, parlo esclusivamente per me, ma, quantunque sarebbe consigliabile leggere tutto dalla prima all’ultima parola, la verità è che già le prime cinque/dieci pagine decidono. Diciamo che, se si tratta di un romanzo, il primo capitolo si gioca la chance migliore; il secondo si gioca la seconda opportunità; se si arriva al quinto si è già sulla strada per una valutazione positiva. Tuttavia, come logico, per redigere una scheda di valutazione sensata è necessario leggere il materiale da cima a fondo, se non altro per rispetto allo scrittore che vi ha mandato in lettura la propria opera e che non è il concorrente di un reality a cui basti dire: «Per me è sì» o piuttosto: «Per me è no».
Leggere un inedito per compilarne una scheda di valutazione non è diverso da leggere un qualsivoglia libro per recensirlo. In entrambi i casi si tratta di coniugare universale e particolare, gusto e tecnica, critica e poetica. A cui va aggiunta la diagnostica clinica. Non si tratta di un pregiudizio mentale nell’approccio all’inedito, ma la considerazione deve essere fatta: il testo “grezzo” non è malato (non tutti, non sempre), ma soffre di qualcosa che deve essere individuato per poter essere curato: il compito del lettore professionista (perché è di codesto esemplare umano che stiamo parlando) è quello di individuare lo stato di salute del testo e proporre una possibile terapia.
Lo screening, in questi casi, può comprendere uno spettro più o meno ampio e arbitrario di fattori di rischio. E.M.A. ha scelto di concentrarsi su TITOLO; LINGUA/SINTASSI; TRAMA; STILE; STRUTTURA; PERSONAGGI; SPEDIBILITÁ EDITORIALE.
LA SCHEDA DI VALUTAZIONE DI ERA SOLO UN GIOCATORE
Premessa: il primissimo documento che a un cliente E.M.A. viene chiesto di sottoscrivere è L’ACCORDO DI RISERVATEZZA, atto a tutelare la proprietà intellettuale dell’autore/autrice. Di conseguenza, quello che riporteremo qui di seguito relativamente a Era solo un giocatore è stato preventivamente approvato dall’autrice. Inoltre, le note raccontate sono solo parziali, anche perché alcuni elementi saranno ripresi nei post successivi di questo making of.
Il primo termine preso in considerazione è stato il titolo: originariamente, il testo si è presentato come “Il giocatore”. scelta coerente sia con lo stile che con il punto di vista della narrazione. Tuttavia, non si poteva non si poteva non tener conto che nel caso di Gloria D. si era in presenza di un esordio assoluto, per di più attraverso il canale del self publishing. In coscienza, mantenere un titolo già appartenente ad almeno un capolavoro della storia della letteratura, per di più di un monumento come Dostoevskij, sarebbe stata una scelta alquanto rischiosa. Ogni libro è inevitabilmente e discutibilmente soggetto a paragoni (specie nella narrativa di genere, anche se non è questo il caso), e se alcuni confronti sono sani, altri sono decisamente più rischiosi.
Compito, prima ancora che di un editor, del lettore professionista che si occupa della redazione delle schede di letture è anche quello di suggerire le dovute precauzioni affinché il confronto tra vecchio e nuovo avvenga nel modo più equo possibile. A cominciare dal titolo, che non deve essere ambiguo, fuorviante, pretenzioso. Deve, invece, rispecchiare il più fedelmente possibile il testo che battezza, sintetizzando in una parola o in una frase la sua storia.
C’è stata, tra me e Gloria D., una lunga discussione intorno a questo punto; abbiamo provato diverse combinazioni possibili. Il vero problema era, come detto, mantenere, quanto più verosimile, la coerenza con le scelte linguistiche del narratore (e per non aprire una parentesi inutile sulla differenza narratore/autore vi rimando a questo articolo di Alberto Carollo su Sul Romanzo). La scelta è, infine, ricaduta, su Era solo un giocatore, una locuzione che conservava il sostantivo essenziale, aggiungendo un’interpretazione multipla (Era solo un giocatore? Era solo un giocatore! Perché “era solo un giocatore”, adesso cos’è? Ma è ancora un giocatore o no? Chi era oltre a essere solo un giocatore?) che tuttavia non esaurisce lo sviluppo della trama. Se la scelta è stata o meno vincente, tuttavia, solo i lettori potranno dirlo.
Altro punto nevralgico: la spendibilità editoriale. In realtà è il punto più odiato da lettori e editor (seri), perché le vendite e il successo sono l’ultimo pensiero in presenza di un testo coinvolgente (e – sia chiaro – non sto dicendo che Era solo un giocatore lo sia per tutti e in assoluto). Sta di fatto che io, mio malgrado e con sommo scorno, alle vendite e al mercato devo pensarci. E dunque? E dunque mi sono trovata in una situazione paradossale e difficile. Ho letto il testo, per la prima volta, lo scorso maggio; un mese dopo ci sarebbero stati i mondiali di calcio. Ad averne avuto la possibilità, il lancio a giugno sarebbe stato perfetto. Ma ciò che è perfetto è quasi sempre anche impossibile. Lavorare su un testo di quasi trecento pagine in meno di un mese e pretendere di farsi anche pagare sarebbe criminale.
Nella programmazione di un piano editoriale esistono dei periodi preferenziali per l’uscita di un nuovo libro. Non si tratta di una regola aura, beninteso, ma i momenti migliori per lanciare un nuovo libro sono, a voler essere approssimativi: prima di Natale, prima dell’estate, settembre tendendo a ottobre, protoprimavera. Si potrebbe osservare che questo calendario non conta quando si tratta di self publishing. Forse no. O forse si.
A costo di ripetermi, perciò, il periodo ideale per l’uscita di Era solo un giocatore sarebbe stato giugno, per la favorevole congiunzione (sotto il profilo promozionale, s’intende) tra tema e mondiali di calcio. Nell’impossibilità di realizzare questo obiettivo, si è scelta l’opzione settembre (molto) tendente a ottobre per sfruttare (sempre sotto il profilo promozionale) la ripresa della stagione calcistica.
Ma perché più che settembre abbiamo sottolineato molto tendente a ottobre? Ve lo spiegheremo nelle prossime puntate di THE MAKING OF A BOOK.
Ora, parlo esclusivamente per me, ma, quantunque sarebbe consigliabile leggere tutto dalla prima all’ultima parola, la verità è che già le prime cinque/dieci pagine decidono. Diciamo che, se si tratta di un romanzo, il primo capitolo si gioca la chance migliore; il secondo si gioca la seconda opportunità; se si arriva al quinto si è già sulla strada per una valutazione positiva. Tuttavia, come logico, per redigere una scheda di valutazione sensata è necessario leggere il materiale da cima a fondo, se non altro per rispetto allo scrittore che vi ha mandato in lettura la propria opera e che non è il concorrente di un reality a cui basti dire: «Per me è sì» o piuttosto: «Per me è no».
Leggere un inedito per compilarne una scheda di valutazione non è diverso da leggere un qualsivoglia libro per recensirlo. In entrambi i casi si tratta di coniugare universale e particolare, gusto e tecnica, critica e poetica. A cui va aggiunta la diagnostica clinica. Non si tratta di un pregiudizio mentale nell’approccio all’inedito, ma la considerazione deve essere fatta: il testo “grezzo” non è malato (non tutti, non sempre), ma soffre di qualcosa che deve essere individuato per poter essere curato: il compito del lettore professionista (perché è di codesto esemplare umano che stiamo parlando) è quello di individuare lo stato di salute del testo e proporre una possibile terapia.
Lo screening, in questi casi, può comprendere uno spettro più o meno ampio e arbitrario di fattori di rischio. E.M.A. ha scelto di concentrarsi su TITOLO; LINGUA/SINTASSI; TRAMA; STILE; STRUTTURA; PERSONAGGI; SPEDIBILITÁ EDITORIALE.
LA SCHEDA DI VALUTAZIONE DI ERA SOLO UN GIOCATORE
Premessa: il primissimo documento che a un cliente E.M.A. viene chiesto di sottoscrivere è L’ACCORDO DI RISERVATEZZA, atto a tutelare la proprietà intellettuale dell’autore/autrice. Di conseguenza, quello che riporteremo qui di seguito relativamente a Era solo un giocatore è stato preventivamente approvato dall’autrice. Inoltre, le note raccontate sono solo parziali, anche perché alcuni elementi saranno ripresi nei post successivi di questo making of.
Il primo termine preso in considerazione è stato il titolo: originariamente, il testo si è presentato come “Il giocatore”. scelta coerente sia con lo stile che con il punto di vista della narrazione. Tuttavia, non si poteva non si poteva non tener conto che nel caso di Gloria D. si era in presenza di un esordio assoluto, per di più attraverso il canale del self publishing. In coscienza, mantenere un titolo già appartenente ad almeno un capolavoro della storia della letteratura, per di più di un monumento come Dostoevskij, sarebbe stata una scelta alquanto rischiosa. Ogni libro è inevitabilmente e discutibilmente soggetto a paragoni (specie nella narrativa di genere, anche se non è questo il caso), e se alcuni confronti sono sani, altri sono decisamente più rischiosi.
Compito, prima ancora che di un editor, del lettore professionista che si occupa della redazione delle schede di letture è anche quello di suggerire le dovute precauzioni affinché il confronto tra vecchio e nuovo avvenga nel modo più equo possibile. A cominciare dal titolo, che non deve essere ambiguo, fuorviante, pretenzioso. Deve, invece, rispecchiare il più fedelmente possibile il testo che battezza, sintetizzando in una parola o in una frase la sua storia.
C’è stata, tra me e Gloria D., una lunga discussione intorno a questo punto; abbiamo provato diverse combinazioni possibili. Il vero problema era, come detto, mantenere, quanto più verosimile, la coerenza con le scelte linguistiche del narratore (e per non aprire una parentesi inutile sulla differenza narratore/autore vi rimando a questo articolo di Alberto Carollo su Sul Romanzo). La scelta è, infine, ricaduta, su Era solo un giocatore, una locuzione che conservava il sostantivo essenziale, aggiungendo un’interpretazione multipla (Era solo un giocatore? Era solo un giocatore! Perché “era solo un giocatore”, adesso cos’è? Ma è ancora un giocatore o no? Chi era oltre a essere solo un giocatore?) che tuttavia non esaurisce lo sviluppo della trama. Se la scelta è stata o meno vincente, tuttavia, solo i lettori potranno dirlo.
Altro punto nevralgico: la spendibilità editoriale. In realtà è il punto più odiato da lettori e editor (seri), perché le vendite e il successo sono l’ultimo pensiero in presenza di un testo coinvolgente (e – sia chiaro – non sto dicendo che Era solo un giocatore lo sia per tutti e in assoluto). Sta di fatto che io, mio malgrado e con sommo scorno, alle vendite e al mercato devo pensarci. E dunque? E dunque mi sono trovata in una situazione paradossale e difficile. Ho letto il testo, per la prima volta, lo scorso maggio; un mese dopo ci sarebbero stati i mondiali di calcio. Ad averne avuto la possibilità, il lancio a giugno sarebbe stato perfetto. Ma ciò che è perfetto è quasi sempre anche impossibile. Lavorare su un testo di quasi trecento pagine in meno di un mese e pretendere di farsi anche pagare sarebbe criminale.
Nella programmazione di un piano editoriale esistono dei periodi preferenziali per l’uscita di un nuovo libro. Non si tratta di una regola aura, beninteso, ma i momenti migliori per lanciare un nuovo libro sono, a voler essere approssimativi: prima di Natale, prima dell’estate, settembre tendendo a ottobre, protoprimavera. Si potrebbe osservare che questo calendario non conta quando si tratta di self publishing. Forse no. O forse si.
A costo di ripetermi, perciò, il periodo ideale per l’uscita di Era solo un giocatore sarebbe stato giugno, per la favorevole congiunzione (sotto il profilo promozionale, s’intende) tra tema e mondiali di calcio. Nell’impossibilità di realizzare questo obiettivo, si è scelta l’opzione settembre (molto) tendente a ottobre per sfruttare (sempre sotto il profilo promozionale) la ripresa della stagione calcistica.
Ma perché più che settembre abbiamo sottolineato molto tendente a ottobre? Ve lo spiegheremo nelle prossime puntate di THE MAKING OF A BOOK.